“Abbiamo toccato”

Cinquanta anni fa, il 20 luglio del 1969 “siamo” andati sulla luna: “siamo”, ripeto, non “sono” andati, perché quel giorno, quella notte, quasi un miliardo di persone, noi compresi, seguendo, in diretta TV dal Centro spaziale  di Houston, in Texas, il primo “allunaggio” sul nostro satellite, abbiamo anche noi “messo” piede sulla luna.
La missione spaziale, denominata Apollo 11, iniziò il 16 luglio con la partenza di un razzo Saturn V: si trattò della quinta missione della Nasa. Cinque giorni più tardi,  il modulo lunare chiamato “Eagle” – sul quale si trovavano gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin – venne separato dal modulo di comando, detto “Columbia” a bordo del quale era rimasto il pilota, Michael Collins, e si diresse alla luna: l’allunaggio avvenne alle 22.17 italiane: “Houston, qui Base della Tranquillità. L’Eagle è atterrato“, le parole di Armstrong alla Nasa.
Armstrong fu anche primo uomo a mettere piede sulla luna: lasciando l’ultimo predellino della scaletta e appoggiando lo scarpone sulla polvere lunare pronunciò la famosa frase: “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità”.
Aldrin arrivò 19 minuti dopo. I due trascorsero circa due ore e un quarto al di fuori della navicella raccogliendo 21,5 kg di materiale lunare che riportarono a Terra e scattando centinaia di fotografie.
Dopo 21,5 ore dall’allunaggio, gli astronauti si riunirono e Collins pilotò il modulo di comando Columbia nella traiettoria di ritorno sulla Terra: la missione terminò il 24 luglio, con l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico.
L’evento concluse la corsa allo spazio iniziata sotto la presidenza Kennedy e si risolse a favore degli Stati Uniti rispetto all’Unione Sovietica, che qualche anno prima aveva mandato il primo astronauta della storia, in orbita intorno alla terra.
Ma torniamo qualche passo indietro, al momento alla famosa frase pronunciata da Armstrong e passata alla storia, una frase che tuttavia non fu precisamente quella scritta nei libri.
Ecco, in effetti, come si è svolta la vicenda, nel racconto del giornalista Joel Shurkin che quel giorno era con i colleghi nella sala stampa del centro spaziale di Houston, in Texas.
Per seguire lo sbarco c’erano un televisore e un sistema audio, ma ben diversi da quelli super-tecnologici di oggi. Quando Armstrong  pronunciò la famosa frase, (che in inglese è “That’s one small step for a man, but one giant leap for mankind”), la trasmissione era disturbata e non si sentì distintamente la “a” (“un” in italiano), prima di “man” (uomo).
Il significato sarebbe stato dunque: “Un piccolo passo per l’uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità”. Ai giornalisti sembrava che la frase suonasse meglio se ci fosse stata la “a”, diventando così: “Un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità”.
I giornalisti si riunirono per decidere quale frase pubblicare, perché fosse la stessa su ogni giornale. Alla fine, si scelse la versione senza la “a”, per essere il più fedeli possibile a quanto sentito, ma negli anni a venire, magazine, film e persino enciclopedie hanno invece aggiunto la “a” mancante

Neil A. Armstrong, comandante Missione; Michael Collins, pilota Columbia e Edwin Aldrin Jr., pilota Eagle

Oggi, anche riascoltando con le più moderne tecnologie quell’audio, non si viene a capo del dilemma, resta ancora il dubbio sulla presenza o meno della “a”.
Il programma Apollo fu concepito durante la presidenza di Dwight Eisenhower, ma iniziò veramente dopo che il presidente John Kennedy dichiarò, obiettivo nazionale, il far “atterrare un uomo sulla Luna” entro la fine del decennio.
Kennedy, era entrato in carica da appena qualche mese, quando durante una seduta congiunta del Congresso diede nuovo impulso alla sfida, dichiarando: “Credo che questa nazione si debba impegnare a raggiungere l’obiettivo, prima che finisca questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e di farlo tornare sano e salvo sulla Terra. Nessun progetto spaziale di questo periodo sarà più impressionante per il genere umano, o più importante per l’esplorazione spaziale a lungo raggio; e nessuno sarà cosi’ difficile e dispendioso da compiere“:
Nonostante il 5 maggio del 1961 Alan Shepard riuscisse a volare nello Spazio, Kennedy sapeva bene che per un Paese come gli Stati Uniti non era sufficiente eguagliare i traguardi dei sovietici, e decise quindi di proclamare la corsa verso la Luna.
Il sogno di Kennedy si tramutò nel programma Apollo, che mise in moto centinaia di migliaia di lavoratori, tecnici, scienziati, ingegneri, chimici, piloti e astronauti e giunse, nel 1965 a mobilitare il 5,5% dell’intero bilancio federale.
Apollo 11 fu seguita da ulteriori sei missioni, l’ultima nel dicembre 1972, che portarono un totale di dodici uomini a camminare sul nostro “satellite naturale”.
Ma torniamo alla “diretta” televisiva seguita in tutto il mondo.
In Italia l’allunaggio fu seguito da milioni di persone che restarono attaccati alle televisioni per ore: i negozi, con le vetrine rigorosamente a tema, ottennero il permesso di tenere accesa la tv anche durante l’orario di apertura e al carcere di Roma il ministero concesse 600 apparecchi in prestito.
Quella dell’allunaggio fu la prima notte senza furti né rapine da 10 anni a quella parte: a Milano il centralino della polizia squillò solo 2 volte, (per una lite e per un falso allarme) e a Bologna e Roma il copione non fu diverso.
La Rai, a partire dalle 19.28 di domenica, seguì l’evento dallo Studio Tre: oltre 25 ore di diretta condotta da Tito Stagno, Andrea Barbato, Piero Forcella e, in collegamento da Houston, Ruggero Orlando.
Tra gli ospiti di Tito Stagno c’era anche lo scrittore Alberto Bevilacqua: “Rimasi per 7 ore in Rai senza rendermene conto, tanto era il fermento,  eravamo sulla Luna, quella che i poeti di ogni tempo avevano cantato. Eppure la camminata sulla Luna era già stata immaginata dalla fantasia dell’Ariosto e questo, forse, rendeva quel fatto ancora più suggestivo e straordinario”.
Federico Fellini e Giulietta Masina brindarono a Fregene; Cesare Zavattini organizzò nella sua casa romana un “capodanno lunare”; Eduardo De Filippo festeggiò sull’isola di Lisca, nel mare di Positano.
Come è noto, la navicella con Neil Armstrong e Buzz Aldrin, “allunò” in quello che era stato chiamato “Il Mare della Tranquillità”: ma come venne scelto quel posto e perché?
Nessuna cartina era in grado di fornire quei dettagli necessari per evitare problemi e siti pericolosi, in fase d’allunaggio.
Così, nel 1966 e nel 1967, l’agenzia spaziale americana diede vita al progetto Lunar Orbiter: una flotta di cinque satelliti, quasi identici, ma di diversa dimensione, avrebbero mappato e raccontato la Luna.
Fu Lunar Orbiter 3, tra il 15 e il 23 febbraio del 1967, ha immortalare il luogo che poi sarebbe stato scelto per l’atterraggio finale.
Ogni Lunar Orbiter aveva in dotazione due camere: una con un obiettivo ad alta risoluzione e l’altra con una risoluzione leggermente più bassa. Utilizzavano, inoltre, una pellicola da 70 millimetri invece di quella più canonica a 35, con un materiale, a grana estremamente fine, altamente resistente ai livelli di radiazione attesi nello spazio, Le prime tre missioni avevano l’obiettivo di selezionare 20 possibili siti per l’atterraggio (ne furono indicati il doppio), le ultime due quella di fornire elementi decisivi dal punto di vista scientifico, (dalle radiazioni agli impatti causati dai micro-meteoriti). Fu un successo con la mappatura del 99% della superficie lunare
Una volta sviluppate, le immagini furono trasmesse via radio a Terra, riga dopo riga, quasi, per intenderci, come si trattasse di un Fax.
Dodici, come detto, gli astronauti che hanno messo piede sul suolo lunare.
Dopo Neil Armstrong e Buzz Aldrin, dell’Apollo 11, il 19 novembre dello stesso anno, furono Pete Conrad e Alan Bean giunti nello spazio lunare con l’Apollo 12.
Due anni più tardi, il 5 febbraio del 1971, fu la volta di Alan Shepard ed Edgar Mitchell.

David Scott dell’Apollo 15 sul Rover2

Stesso anno, ma cinque mesi dopo, con l’Apollo 15, scesero sulla luna, il 31 luglio, David Scott e James Irwin, che passeggiarono sul suo lunare per tre volte, oltre il 31 luglio, anche il primo e il 2 di agosto.
E siamo al 21 aprile 1972, quando l’Apollo 16 portò sul suolo lunare John W. Young e Charles Duke, che camminarono sul nostro satellite per tre volte, oltre il 21 aprile, anche il 22 e il 23.
L’ultima missione, fu quella dell’Apollo 17, che portò sulla Luna, per tre passeggiate, il 12, il 13 e il 14 dicembre 1972, Eugene Cernan e Harrison Schmitt.
L’ultimo a lasciare il nostro satellite fu il comandante della missione, Cernan, rientrato a bordo del modulo lunare poco dopo il collega. Erano le 05:40 del 14 dicembre 1972.
Fino ad oggi nessun essere umano ha più camminato sulla Luna.
In questo elenco abbiamo saltato la missione di Apollo13, con a bordo gli astronauti James Lovell, John Swigert e Fred Haise, decollata regolarmente l’11 aprile 1970.
Doveva essere la terza missione a portare l’uomo sulla Luna, ma è diventata celebre per il guasto che impedì l’allunaggio e rese difficoltoso il rientro sulla Terra: un’esplosione nel modulo di servizio danneggiò molti equipaggiamenti, riducendo la disponibilità di energia elettrica e di ossigeno. I tre astronauti furono costretti a trasferirsi nel Modulo Lunare “Aquarius”, utilizzandolo come navicella per il ritorno, anziché come mezzo per atterrare sulla Luna.

Gli interpreti del film Apollo 13: da sinistra Kevin Bacon, Tom Hanks e Bill Paxton

Su questa vicenda è stato poi girato un film di successo, diretto da Ron Howard e interpretato, tra gli altri, da Tom Hanks, nella parte del comandante Lovell e da Bill Paxton e Kevin Bacon, gli altri due membri dell’equipaggio.