70 anni dopo. La Grande Alluvione

Poco meno di 70 anni fa, tra il 10 e il 12 di novembre del 1951, il fiume Po ruppe una prima volta gli argini nella zona del parmense allagando migliaia di ettari di terreno: due giorni più tardi, la piena del fiume raggiunse il Polesine e nuove rotture degli argini portarono l’acqua nell’area del Veneto compresa tra i corsi inferiori dell’Adige e del Po, area che comprendeva l’intera provincia di Rovigo e la zona del cavarzerano in provincia di Venezia.
Si trattò di un evento catastrofico che causò 101 morti e sette dispersi, e più di 180 mila senza tetto morti, oltre ovviamente ai danni materiali, valutati ai tempi, a quasi 150 miliardi di lire.

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Oggi, si può dire che da una catastrofe può derivare anche qualcosa di positivo?
L’interrogativo – non privo di attualità – è alla base della mostra “70 anni dopo. La Grande Alluvione” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e curata da Francesco Jori, in programma a Rovigo a Palazzo Roncale dal 23 ottobre al 31 gennaio prossimi.
Ricordare oggi, a settant’anni di distanza, quell’evento è un dovere sociale – afferma il Presidente della Fondazione, Gilberto Muraro – non tanto, o non solo, per ripercorre una cronaca che si è fatta storia. Ma per capirne la genesi, ciò che nel tempo ha condotto a quei terribili giorni. Per riflettere, nell’oggi, sull’eterna e disattesa urgenza di rispettare i fiumi e l’ambiente. Ed è anche occasione per capire, mentre i testimoni diretti dell’evento diventano sempre più rari, cosa di esso sia rimasto nel dna personale e sociale dei Polesani, di quelli che hanno continuato a vivere in Polesine e dei Polesani costretti a nascere e crescere altrove. Per i quali la Grande Alluvione è un brano importante della storia familiare, ancora presente ma fatalmente destinato ad evaporare generazione dopo generazione”.

Il fotoreporter Tino Petrelli con la sua macchina fotografica durante lalluvione del Polesine

Ma – aggiunge il Presidente Muraro – questa mostra intende soprattutto focalizzare come quella tragedia si ripercuota oggi nel tessuto fisico, sociale ed economico del Polesine. Cercando di indagare “cosa”, oltre al ricordo, al dolore, alle tragedie personali e sociali, derivi oggi – 70 anni dopo – da quell’Alluvione. Che certamente “bloccò” un territorio ma che orgogliosamente, grazie anche alle previdenze statali per le aree disagiate e agli aiuti di molti italiani e non solo, ebbe la forza di riprendersi, pur restando estraneo all’esplosione industriale che a partire dagli anni Sessanta mutò il volto di altre province del Veneto”.

In carenza di un vero sviluppo del comparto industriale – annota il curatore della mostra Francesco Jori – il Polesine ha puntato su quello agricolo, riqualificandolo e riqualificandosi, dal riso alla orticoltura. Un territorio che ha fatto di un Delta abbandonato e nemico, di una terra di malaria prima e di pellagra poi, una delle più ambite e importanti aree umide d’Europa, riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio della Biosfera. Che ha saputo qualificare anche il patrimonio del suo mare, con la mitilicoltura e la pescicoltura di eccellenza. Che da quella tragedia è stato spinto a rispettare, tutelare e valorizzare il suo ambiente. E che ha ricominciato a guardare alla globalizzazione, ricordando di essere stato, per un millennio, quando Adria dava il suo nome ad un mare, uno dei gangli di incontro delle reti commerciali del mondo.
In questi 70 anni non sono certo mancati distorsioni ed errori, fisiologico frutto dei tempi e della legittima necessità di lavoro e di benessere. Ma nel suo insieme questo territorio costituisce oggi un patrimonio ambientale e umano altrove perduto. Un patrimonio che consente oggi al Polesine di continuare a pianificare un futuro di qualità”.

Info:
70 anni dopo. La Grande Alluvione
Rovigo – Palazzo Roncale
dal 23 ottobre al 30 gennaio 2022