A Fermo è “Il tempo delle mostre”

La citta’ di Fermo, nelle Marche, ha inaugurato lo scorso 6 dicembre la nuova stagione espositiva presentando al pubblico due grandi mostre, “Spiriti selvaggi. Antonio Lugabue e l’eterna caccia” e “Giuseppe Pende. Realta’, sogno e visione” nell’ambito dell’apertura a Palazzo dei Priori, de “Il tempo delle mostre”

Antonio Ligabue – Vedova Nera – 1955

La mostra di Antonio Ligabue, curata da Vittorio Sgarbi e Marzio Dall’Acqua, propone oltre 40 opere,  di cui il quadro immagine della mostra (“Vedova nera”) che non è esposto dal 2015 e due inedite (“Volpino” e “Aratura con buoi”). L’esposizione di Fermo presenta la sua natura dipinta, teatro di una violenza implacabile, e alcuni autoritratti nei quali dipinge il proprio dolore esistenziale, gridandolo con l’urgenza di una sensibilità intensa e ferina. È il tormento di un’anima che grazie alla pittura trova la propria voce e il proprio riscatto.

Giuseppe Pende – Preludio – Olio e pastello su tamburato

Altrettante opere presentano l’arte di Giuseppe Pende, pittore sospeso tra innovazione e tradizione, spesso in fuga verso l’immaginario: l’artista ha una visione paradisiaca della natura, un grande amore per il vero e la tendenza a rendere poetico e suggestivo il verosimile anche di soggetti irreali e fantastici. La mostra è curata da Vittorio Sgarbi.

Vittorio Sgarbi


Spiega Vittorio Sgarbi a proposito delle due rassegne:
Antonio Ligabue è più che un pittore e più che un artista. Ne esonda i confini, non rappresenta, non illustra, non ritrae ma prolunga la vita nella pittura. Ligabue descrive un mondo; non ha altro interesse. Non c’è favola: c’è rabbia, c’è sofferenza, c’è esaltazione. Giuseppe Pende è un artista coltissimo che riflette sull’antico connubio tra arte e scienza e un uomo eclettico dalla personalità prorompente, gioiosa e coinvolgente. È pittore, scultore, atleta, pianista per diletto e anche amatissimo insegnante di disegno dal vero all’Istituto d’Arte di Fermo. Li troviamo a Fermo, l’uno a fianco dell’altro, vicini e distanti, a rappresentare la necessità dell’espressione artistica che, forse, è in ciascuno di noi”.
La nuova stagione espositiva è promossa da Regione Marche e Comune di Fermo con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo e in collaborazione con Ligabue art projects e Mus-e del Fermano. Sponsor dell’evento sono Eurobuilding, Giano, CFL, Violoni Srl, ACRA Carifermo, Il Faro e La Cascina. L’organizzazione è affidata a Maggioli Cultura e Turismo.

Antonio Ligabue appare assolutamente anomalo fra i pittori del Novecento. Nella sua violenza, nella sua espressività animale, si misura soltanto con Van Gogh, del quale può considerarsi una variante italiana. Il dissociato stato mentale di Ligabue lo portò all’isolamento, acuendone non poco le sofferenze. In questa esperienza di dolore, una sola consolazione, una sola possibilità di riscatto, percorsa fino in fondo: l’arte, che consente la fuga dalla condizione che si continua a considerare una malattia. L’arte è per Ligabue un antidoto allo squilibrio mentale ed è l’unico modo per dare ragione alla follia.

La mostra di Antonio Ligabue a Fermo è un’antologia di belve feroci che lottano per la sopravvivenza: una vera e propria giungla che l’artista immagina con allucinata fantasia fra i boschi del Po. La natura dipinta da Ligabue è il teatro di una violenza implacabile. Per Ligabue essere autodidatta vuol dire seguire una lingua propria, istintiva, fuori dall’accademia.

Essere autodidatta è una condizione necessaria. Il suo, fin dagli inizi, è un corpo a corpo con la tela, in una dimensione visionaria, che non ha niente a che fare con il Surrealismo, e che rappresenta, attraverso gli archetipi della foresta, della giungla, della terra dei contadini, del fiume, la verità primaria di un uomo senza storia. In realtà, prima della storia, liberare istinti, pulsioni, desideri e, ancor più, mimare l’urlo della tigre per meglio rappresentarla, è una liberazione come fu, per i pittori-cacciatori, nelle grotte di Lascaux.

Con queste immagini primordiali si misura Ligabue, fuori del tempo e fuori del suo tempo. La forza dell’uomo si manifesta come istinto animale belluino. Quello che è assolutamente singolare in Ligabue è che non si individua una fonte di ispirazione o una qualsivoglia trascrizione di modelli artistici e letterari. La pittura di Ligabue nasce come necessità di espressione, attraverso una fantasia che è rimasta infantile. L’unica sua fonte di ispirazione è lo zoo, il mondo degli animali in cattività, trasferito poi sul Po.

Negli autoritratti, invece, Ligabue esibisce il suo mondo interiore. Ligabue parla con sé stesso, si chiede e ci chiede qualcosa. Anche in questo caso è evidente il disagio. Ligabue si batte la testa con un sasso, cerca di scacciare gli spiriti maligni. L’autoritratto non è una forma di narcisismo, esprime la necessità di capirsi meglio, in un processo di autoanalisi.

L’autoritratto è l’immagine del malessere, e Ligabue ci tiene a farlo conoscere.

Qualche volta più tranquillamente va in motocicletta, evidente metafora di un animale nella foresta. Un’altra volta ci appare come un cacciatore, solenne davanti alla tela. Più spesso si mostra a mezzo busto, con lo sguardo allucinato o umiliato. In quelle serie, in quelle sequenze, Ligabue ci vuole dire di sè e di un mondo interiore.

Giuseppe Pende si distingue nel panorama del Novecento per la sua poetica originale e per la sua maestria nel vero e nel verosimile delle nature morte, dei ritratti, degli scorci pugliesi, marchigiani e di Zara e dei paesaggi inventati, spesso immersi in un’atmosfera da sogno. Dipinge ciò che più ama per ottanta anni, lasciando pochi mesi prima della sua scomparsa i pennelli che gli mette in mano a otto anni il padre, pittore dilettante di professione magistrato.

Giuseppe Pende è affascinato sin da giovanissimo dalla pittura dei grandi del passato e non si rifà ad alcuna particolare scuola o movimento a lui contemporaneo, ma si affida al suo personalissimo sentire, alla sua spinta irrefrenabile al miglioramento, al suo essere al contempo scienziato e poeta della realtà e dell’immaginario sulla tela.

La mostra di Giuseppe Pende nel Palazzo dei Priori a Fermo, con dipinti di proprietà degli eredi, potrebbe sembrare a colpo d’occhio più una collettiva di pittori che una piccola selezione di opere di un unico artista, ma il filo conduttore è il suo genio pittorico che incanta anche per l’equilibrio compositivo, la bellezza, la poesia e per la serenità e la sorpresa indotte nell’osservatore che, al cospetto di alcuni suoi paesaggi, può anche giocare con la mente cercando quei particolari microscopici e invisibili a occhio nudo che li fanno divenire, dopo l’impatto iniziale, dei paesaggi surreali. Emblematica l’opera “Con le pietre parlavo” variante del ‘92.
Info:
Il tempo delle mostre
“Spiriti selvaggi. Antonio Ligabue e l’eterna caccia”
“Giuseppe Pende. Realtà, sogno e visione”
Palazzo dei Priori – Fermo, Piazza del Popolo, 5.
Dal 6 dicembre  al 5 maggio 2024
Orari di apertura: dal martedì al venerdì, dalle 10.30 alle e dalle 15.30 alle 18
sabato e domenica, dalle 10.30 alle 13 e dalle 15.30 alle 19
lunedì chiuso. Previste aperture straordinarie in occasione di eventi e festività.
Biglietto: intero 8 euro; ridotto 6; il biglietto include anche l’ingresso al circuito museale della città.
Musei di Fermo Tel. 0734 217140
museidifermo@comune.fermo.it
www.fermomusei.it