Fucsia.
Corrispondenze dall’India

Un mese di noi.

Eh sì, questa è una “similstoria” d’amore, India.

Che fatica India. Che grande, immensa fatica sei. Che incanto quel tuo profilo ormai quasi familiare. Che incanto quei sorrisi, ma che fatica affrontarti ogni giorno.

Il nostro è un duello impari. Combatto perdite d’acqua. Combatto la teoria della relatività del tempo. Combatto incomprensioni linguistiche. Però combatto solo cinque minuti perché è un attimo che mi arrendo. M’arrendo. Mi siedo, bevo un caffè (solubile), guardo fuori dalla finestra e scorgo bufali d’acqua anziché guglie teutoniche.

Rapaci che circumnavigano grattacieli modernissimi, mi ricordano la strana coesione di dissonanze. Quegli stessi rapaci circumnavigano anche la mia testa. Li vedo. Li osservo. Li lascio girare. Innocui ma spaventosi. Ho talvolta la sensazione mi divorino, portino via pezzetti della mia carne per far posto alla tua, India.

Ma non sono strappi. Non c’è violenza in quella metamorfosi. Una trasformazione che avverto, giorno dopo giorno mentre tu mi osservi. Impari chi sono e io assimilo te, mentre mi assimili.

Oggi festeggio due mesi senza TV.

Due mesi senza fissa dimora. Due mesi ‘in fieri’, due mesi che valgono cent’anni, di una solitudine che è solo mia.

Due mesi di elucubrazioni e spettri e fantasmi e ombre. Zone d’ombra e di luce. Due mesi in cui ho compreso di che materia sono fatta.

Due mesi senza i miei libri e tutti quei pezzi apparentemente insignificanti di me. Apparentemente. La mia materia è in quel container che attraversa oceani di vita. Un container che contiene, accoglie pezzi di me, di noi, di Europa, di Germania, d’Italia.

Un mese d’India ininterrotto. Salita e scesa da taxi. Percorso strade. Osservata. Osservata molto.

I tassisti mi scrutano. Alcuni cercano di sapere, fanno domande, si stupiscono. Altri mi osservano dallo specchietto retrovisore. Con sospetto, curiosità, diffidenza. Hanno turbanti in testa, bracciali d’argento, pregano Maometto o si affidano a Shiva. Sto facendo i primi passi in questo complicato albero genealogico. Visnú, Brahama, Ganesh. In India è un tema delicatissimo.

Ingarbugliato. Terribilmente, inesorabilmente ingarbugliato. Come tutto qui.
Un gomitolo. Annodato. Intricato. Imbrogliato.

Le strade. I vicoli. Le divinità. La società stessa. Tengo la matassa fra le mani. Il mio gomitolo.

Non vedo soluzioni ma il colore è magnifico.

L’India è fucsia. Assolutamente fucsia. Totalmente fucsia. Sfacciatamente fucsia. Un colore solo apparentemente piatto. Solo apparentemente omogeneo.

Il fucsia indiano possiede un milione di sfumature. Come le persone. Come tutti i pensieri che accompagnano questi miei giorni.

Nuovi.

Un mese di India. Ti guardo negli occhi e mi accorgo che quella luce che scorgo nel tuo sguardo accende tutto attorno a me, e sebbene le tenebre siano proprio qui accanto, è la tua luce quella che sento dentro.