Rigore e armonia.
Corrispondenze dall’India

Cosa ci spinge oltre i nostri limiti?

Cosa ci libera dalle paure?

Cosa ci rende coraggiosi?

Ogni nuova sfida ci trasforma in qualcosa di diverso, qualcosa che non eravamo.

Impariamo davvero a conoscerci ed accettiamo i nostri cambiamenti. Cambiare ogni giorno.

Se non ci fosse questa mutazione continua, che senso avrebbe il nostro viaggio, la nostra stessa vita?

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Oggi non siamo gli stessi di ieri.

Come le stagioni che trasformano paesaggi. Le stagioni. Quelle nostre. Quelle che ci legano e slegano.

Quelle che nel profondo mutano il nostro stesso modo di pensare.

Osservare un paesaggio, un Paese e percepirlo ogni giorno diverso. Diverso perché sono i nostri occhi a mutare. Le prospettive, le proporzioni, le aspettative.

Rigore e armonia.

Mi ripeto questo mantra. Rigore e armonia. Tutta l’arte islamica, l’architettura di questo luogo trasmette questa duplice identità. Rigore. Proporzioni. Simmetrie perfette.

Quella simmetria stessa, quel rigore, quei riferimenti di cui ognuno di noi ha bisogno. Riferimenti e certezze.

La moschea si popola di persone che cercano il divino ma non ci sentiamo a disagio. Io qui, a piedi nudi, non sento il peso della diversità e i sorrisi dei ragazzi, che cercano di introdurci a gesti lontani nel tempo, sono accoglienza.

Rigore e armonia. Armonia sottile e pienezza nell’austerità. Architettura giunta qui da luoghi lontani. Incontro e scontro di culture. Quest’architettura è figlia di un’unione, come ognuno di noi, unione di due diversità che in quell’atto di vita, divengono uno. Uno. Qui l’unione avviene fra materiali inediti e linee rigorose. Il marmo incontra l’arenaria rosa. Echi lontani in queste linee e il gioco di questa fusione è l’elemento che regala grazia, bellezza, originalità.

Mescolarsi talvolta fa paura.

Si alzano barriere, confini, muri.

Muri culturali e reali. Muri.

Come se la mescolanza scalfisse l’identità.

Quest’arte, figlia inconsapevole di mescolanza, è innovazione. È trasformazione, è nuovo che rinfresca, rigenera, aggiunge. Moltiplica è mai sottrae, come l’amore stesso.

Arte, bellezza, umanità.

Tutto racchiuso qui. In questo piccolo forziere.

Rigore e armonia.

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Mi ripeto questo mantra mentre infilando le scarpe rifletto sulla sintesi di concetti solo apparentemente discrepanti.

Il piccolo forziere, la Moschea che ho cercato di raccontarvi si trova accanto alla tomba di Safdarjung ma non si nota molto, è in un cantuccio, ha un ingresso separato e poco visibile. Sto cercando di scovare luoghi meno frequentati. Sto provando a disegnare i tratti della mia Delhi. La mia personale Delhi. La Delhi che amo giorno dopo giorno e che mi regala umanità e bellezza. La Delhi che provo a raccontare per far sì che questa bellezza non si perda.