Binari.
Corrispondenze dall’India.

Seguono binari. Hanno un’unica certezza.

Quella linea di metallo li condurrà a casa. Anche duecento, trecento chilometri a piedi.

treni indiani

Partono dalle città dove avevano un’occupazione. Partono ogni giorno per tornare a casa. Nei luoghi dove sono nati, sono i “workers”, i migranti per lavoro. A due mesi dalla chiusura totale dell’India, sono ancora in molti a partire. Intraprendere viaggi di speranza verso villaggi remoti.

Villaggi lontani, ma mai realmente scordati. Hanno solo piccoli fagotti, poco niente. Gli abiti che indossano, le scarpe distrutte, le calze lise, bucate. Poche rupie in tasca. Poveri e abbandonati. Abbandonati e dimenticati. Ho aperto il giornale stamane. Quindici lavoratori travolti da un treno merci. Dormivano sui binari. Quei binari che erano la loro unica certezza.

L’unica.

Era la strada verso casa. Il filo d’Arianna.

Travolti. Sfiniti dalla fatica, assetati e affamati. Sfiniti da viaggi a piedi interminabili. Sfiniti dalla vita. Travolti da un treno nel buio che precede l’alba.strade indiane

Così stanchi da non sentirlo nemmeno arrivare, quel treno.

5.15 am d’un giorno normale, col sole che colora di luce, in viaggio verso il Madhya Pradesh. La strada verso casa.

Dall’India le mie Corrispondenze.